ore 11 – Il lavoro tra controllo e resistenza

00:00 Introduzione della giornata

6:08 Intervento di Irene (Campagne in lotta)

Cercherò di tracciare una genealogia delle dinamiche di sfruttamento e criminalizzazione negli ambiti in cui lottiamo e sosteniamo l’autorganizzazione di lavoratrici e lavoratori nelle campagne.

7:00 Partirei dai discorsi fatti ieri sul branding del cibo, dicendo che quello che noi vediamo all’opera nei distretti agroindustriali italiani è frutto di una riorganizzazione del lavoro in chiave logistica che ha origine negli anni ’80.

8:05 Ovviamente centrale è l’esternalizzazione della forza lavoro e del suo approvvigionamento. Sono processi di sostituzione della forza lavoro che passa a essere da italiana a migrante, in diversi fasi.

9:15 Sottolineerei questo aspetto: in Italia la nazionalità più rappresentata tra chi lavora nelle campagne è quella rumena.

10:10 Questi processi hanno portato ad un abbassamento del costo della forza lavoro in cui ha avuto un ruolo fondamentale la disciplina delle migrazioni a partire dalla Turco-Napolitano, ovviamente fondate su razzializzazione e criminalizzazione. Queste ultime sono incarnate in particolare nei luoghi di detenzione e contenimento

11:40 Sulla criminalizzazione pensiamo al legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, che di fatto istituisce il reato di disoccupazione che ci riporta, con le dovute differenze, ad altre epoche.

13:00 L’esternalizzazione dell’aspetto riproduttivo: il lavoro di cura che permette ai/lle lavoratrici di sopravvivere non viene più svolto nei paesi di origine.

14:25 Si creano concentrazioni abitative (ghetti, baraccopoli, ma anche forme più istutizionalizzate come le tendopoli) che permettono di sopperire alle esigenze di base.

15:20 Parliamo di fenomeni che determinano egregazione su base razializzata ed etnicizzata: ci sono ghetti o campi in cui vivono lavoratori del Gambia o rom…

16:00 Diversi tipi di organizzazione del lavoro di cura

16:30 Nel caso dei lavoratori comunitari, si tratta di lavoratori che vivono in contesti molto più dispersi, con soggetti intermediari che si occupano di organizzare l’intera vita del migrante in forma violenta e brutale.

18:00 In questi casi le donne subiscono forme di sfruttamento multiple perché sono oggetto di forme di violenza sessuale, anche in questi casi ci sono grandi legami col passato.

20:20 Rispetto al tema della criminalizzazione metterei in luce un aspetto delle leggi sul caporalato: a livello discorsivo ricalcano la criminalizzazione degli scafisti con una prospettiva limitata.

21:40 Il proprietario della terra in cui si lavora non controlla per nulla tutto il processo produttivo.

22:40 Anche in questo caso si rendono eccezionali queste forme di sfruttamento come se non fossero forme che riguardano tutto il lavoro.

23.10 Il decreto Minniti non ha ripercussioni sullo sfruttamento in maniera diretta. Credo che le leggi sul caporalato favoriranno il processo di concentrazione della ricchezza nelle filiere agro-industriali.

24:45 I ghetti e i campi di lavoro si stanno espandendo… c’è un’esplosione a partire dal 2012, a partire dalla sospensione dalle quote di flussi annuali per lavoro.

26:50 I ghetti non sono solo i dormitori, ma sono luoghi di rifugio lungo rotte migratorie e sono risultato di queste nuove politiche che fondano il diritto a restare sul paradigma umanitario.

27:40 Continuità tra regime dell’accoglienza e disponibilità di forza lavoro a bassissimo costo

28:10 Intervento di Simone (Campagne in lotta)

28:40 Ghetti confluenza di trasformazione filiera agroalimentare e politiche migratorie, ma allo stesso tempo sono luoghi di protezione e autorganizzazione

30:00 Nascita di Campagne in lotta si lega a queste forme di autorganizzazione, cercando di potenziarle

32:20 Lo sportello di sostegno legale resta fondamentale. Il documento rimane il primo punto di rivendicazione

34:00 Un secondo punto è la rivendicazioni di case, trasporti e servizi. E sottolineo case, in quanto forme non eccezionali

35:20 Terzo punto sono i momenti di piazza, ora difficili perché la repressione è cresciuta

37:20 Intervento di Nabil (SiCobas)

La situazione non peggiora a partire da Minniti. La legge Minniti può intervenire più sui momenti di lotta.

39:50 Secondo la campagna elettorale l’unico problema in Italia è la migrazione

40:40 Riguardo all’agricoltura. È la grande distribuzione che decide il costo della manodopera e il costo del prodotto.

42:15 Per me il lavoro gratuito non esiste, non so lavorare gratis

42:30 La legge Minniti va a colpire la lotta

44:30: Intervento di Enrica Rigo

46:00 Vediamo di come giornali rappresentavano la rivolta di Rosarno nel 2010… e nel gennaio 2018

47:15 Da una parte abbiamo i lavoratori, che spariscono nel 2018! E per le donne unica rappresentazione possibile è quella di soddisfare i desideri dei maschi.

48:45 I lavoratori spariscono anche dal diritto e dalle questioni istituzionali.

50:00 L’ultimo decreto flussi è del 2011. 160mila ingressi. L’Italia assorbiva di media 185mila persone l’anno.

51:40 Lo spartiacque è il 2011, non nel 2015 (lunga estate delle migrazioni e paradigma accordo con la Turchia)

52:40 La risposta istituzionale è il diritto penale

54:00 Lo stesso discorso vale per la tratta. Di conseguenza lo sfruttamento è considerato un problema solo in quando corruzione di una libera volontà delle parti, dello schema volontaristico del contratto.

55:40 Cambio di paradigma dal discorso tipicamente securitario alla crescente invasività dello strumento umanitario, da una parte, e crescente razionalizzazione, dall’altra

56:40 Ricordiamo che giuridicamente “l’umanitario” è un diritto di guerra!

58:50 L’umanitario conduce ad uno schema di costante contrattazione del diritto. Il permesso umanitario è uno strumento di controllo.

59:50 Il decreto Minniti non è un decreto di rottura, istituzionalizza qualcosa che stava già avvenendo. Espande la zona grigia in cui non si riescono a rivendicare i diritti.

1:02:00 Introdurre il lavoro gratuito, introdurre il servaggio non è da poco.

1:02:30 Hobbes definisce lo schiavo di guerra come il “servo perfetto”, colui che offre servigi perché gli hai salvato da vita.

1:03:00 Razializzazione evidentissima, esempi.

1:04:40 Razializzazione basata sull’idoneità al lavoro.

1:07:00 Dove c’è produzione c’è anche riproduzione sociale, ossia delle condizioni del capitale. Pensiamo all’aumento delle tendopoli

1:08:00 Il decreto Minniti fa anche questo: è una forma di controllo che va sempre di più dal controllo della mobilità alla riproduzione della vita.

1:09:30 Piazza Indipendenza era una rivendicazione politica sulla possibilità di decidere come vivere.

1:11:00 Criminalizzazione della solidarietà: ricordiamoci che la prima criminalizzazione della solidarietà la subiscono i migranti.

1:12:00 Criminalizzazione della solidarietà ha un nome giuridico: si chiama “traffico di esseri umani”. L’apparato accusatorio era costruito sulla retorica dei transitanti, che era anche una retorica nostra e forse dovremmo ridiscuterne.

Intervento:

1:14:00 La retorica: in otto anni scompare il lavoro non solo connesso alla migrazione, ma in generale. Appare la “vittima”, identità pericolosa perché non ha possibilità di intervento. Il caso delle donne ucraine è paradigmatico

1:16:30 La repressione: scompare il conflitto e appare la “solidarietà”, ma è anche questa una parola problematica. La solidarietà non problematizzata riproduce il paternalismo.

Risposta di Irene

1:18:20 Bisogna riappropriarsi della parola “solidarietà”. È una parola che ha una storia di movimento.

Intervento:

1:21:00 Gli strumenti di repressione hanno in realtà un meccanismo di controllo di movimento. Per esempio nei CIE non si espelleranno mai tutti i migranti, ma bloccano la mobilità

1:22:00 Sugli strumenti di lotta serve una riflessione. Ieri si parlava delle occupazioni di case e credo sia utile tornare su questo strumento.

Risposta di Nabil (SiCobas)

1:23:00 La lotta dei migranti, durissima nel CIE. Ma se guardiamo le lotte che ci sono sulla casa, nella logistica la maggior parte delle persone sono migranti. Non guardiamo solo ai CIE.

Intervento

1:24:50 Com’è possibile fare previsioni sull’assorbimento della forza lavoro, in un momento di esternalizzazione delle frontiere.

Risposta di Enrica Rigo

1:26:30 Ci siamo sempre mobilitati per i documenti, ma oggi i documenti ti garantiscono molto poco.

1.28:20 Sulle previsioni. Quello che vedo rispetto ai dinieghi sempre più spesso sono situazioni paradossali: è una forma di ricatto, perché lavori in un limbo di non-diritto.

1:30:30 Le rotte cambiano di continuo, ma non vanno de-storicizzate. Però vanno trovate parole chiare su Relocation e retorica umanitaria

Risposta di Irene (Campagne in lotta)

1:32:10 La manodopera del comparto agro-industriale è di bassa specializzazione e altissimo turnover: parlare di schiavitù è folle perché lo schiavo, essendo proprietà, va mantenuto in salute. È una produzione just in time.

1:34:10 La strategia è mantenere a livello globale condizioni di precarietà.

1:34:50 Il permesso può essere inutile, per come si struttura il lavoro. Eppure il documento almeno ti permette di avere un contratto

1:37:00 La retorica comune è: “Minniti vuol fermare i flussi per poi regolarizzare gli arrivi”

1:39:00 Sembra si ponga l’attenzione solo sui lavoratori specializzati, nascondendo tutto il resto

Risposta di Enrica Rigo

1:40:00 Anche sulle politiche europee bisogna ragionare. Il Migration Compact sono politiche coloniali!

1:41:00 Il Migration Compact funziona con Garanzia di investimenti private delle piccole e medie piccole imprese di quei paesi: questo è colonialismo puro!

1:41:50 Mentre l’Europa si muoveva a livello europeo, i Compact rinazionalizzano i rapporti, da una parte, e dà mano libera ai privati rispetto agli investimenti in cambio di un blocco dei flussi.

Risposta di Simone (Campagne in Lotta)

1:43:30 Come rete pensiamo che per vincere si debba fare ricomposizione che passa da rivendicazione chiave mettendo in comune i soggetti.

1:44:30 Nel settore agro-industriale è importante costruire lotte su tutta la filiera.

1:45:10 Lotte nei CPT e nei centri di accoglienza. Rispetto a questo alcuni compagni e compagne hanno dedicato una rivista che si chiama Fuori Controllo.